Disurbamento e deruralizzazione

Nel secondo dopoguerra i nostri paesi subirono un esodo massiccio di popolazione verso i centri urbani, in particolare Genova, alla ricerca di un lavoro garantito che qui era difficile trovare. Allora, oltre a quel bisogno contingente, sul fenomeno influì anche il fascino della città come luogo dove vivere, con tutte le sue comodità e opportunità: andare a vivere in città voleva dire emanciparsi, uscire da una sorta di condizione servile, come se fosse sempre valido il detto medioevale “L’aria della città rende liberi”. Del resto la maggior parte dei paesani che emigravano veniva da storie di mezzadria che era un istituto giuridico-economico ai limiti della condizione servile. Soltanto chi l’ha provata sa cosa vuol dire: dividere a metà il raccolto con il padrone del fondo, con il rischio di esseri buttati fuori dal podere in modo arbitrario (successe a mio nonno che, come ne “L’albero degli zoccoli” di Olmi, tagliò una pianta per fare appunto gli zoccoli a uno dei tanti figli; un vicino, anche lui mezzadro dello stesso proprietario, fece la spia, viva la solidarietà tra poveri!, e il padrone lo cacciò: dovette andarsene a San Martino, sc-tramigò a San Martin, la data fatidica per entrare e uscire dai poderi), è la condizione più umiliante che un uomo possa vivere… Continue reading Disurbamento e deruralizzazione