La tragedia continua, non c’è Codice Rosso che tenga

E siamo alla settantaseiesima vittima: questi maschi non sanno proprio amare. Ma a proposito di maschi che non sanno amare vi propongo un breve racconto inedito, La fine di un amore, scritto per un reading musicale su Tenco (“Un giorno dopo l’altro” Luigi Tenco, un ragazzo di collina, in coppia con Roberto Paravagna al canto e alla chitarra), abbinato alla canzone Angela (1), che è per l’appunto la cronaca di un addio. Questo testo la dice lunga sul modo di concepire il rapporto di genere di un certo maschio d’antan che è duro a morire.

Sara aveva insistito ché si vedessero e lui alla fine aveva ceduto, dopotutto ci scopava bene con lei. Ma era deciso a mettere fine a quella storia, non sopportava più il suo fiato sul collo. Soprattutto lo scocciava il fatto che lo controllasse, che volesse sempre sapere che cosa stava facendo. Eppure lo sapeva che lui aveva delle altre, gliel’aveva proprio detto, e lei c’aveva pianto, ma aveva continuato a vederlo. Anzi, se qualche volta non era andato a un appuntamento, l’aveva poi tempestato di telefonate, a casa, in ufficio, perfino al bar, che gli amici avevano cominciato a prenderlo in giro. No, non poteva più sopportare quel suo attaccamento morboso, quelle continue richieste di fedeltà e di professione d’amore: doveva togliersela di torno al più presto, avrebbe finito per rovinargli la reputazione. Certo, l’amore lo faceva sul serio, certe volte gli piantava le unghie nella carne da quanto godeva; e poi era tenera con lui, perfino troppo, e non faceva altro che coccolarlo. Ma lo voleva tutto per sé e sarebbe stata capace di seguirlo e di fargli una scenata se mai l’avesse sorpreso con un’altra.

Quando Piero arrivò sul viale, lei c’era già. Stava fumando una sigaretta. Lui aspettò qualche istante prima di scendere dalla macchina, come se qualcosa lo trattenesse. Ma ormai era troppo tardi, non poteva più tirarsi indietro.

Le se avvicinò disinvolto, con lei era abituato a fare quello che voleva. – Vieni – le disse – andiamo a imboscarci da qualche parte -. Lei gettò la sigaretta a terra e la spense schiacciandola con un piede.  – No, non voglio andare da nessuna parte. Facciamo una passeggiata – disse con un tono strano, insolito, come se stesse parlando con qualcun altro. Piero trasalì. – Ascolta, non ho voglia di farmi vedere in giro con te. Dai, sali in macchina – le disse sprezzante. Lei, calma come non l’aveva mai vista, ripeté: – Ti ho detto che voglio fare una passeggiata -. Allora lui, sacramentando, s’avviò lungo il viale.

Sara gli trottò dietro e dovette allungare il passo per raggiungerlo. Quando gli fu vicino disse:          – Potresti almeno essere educato. Solo i cafoni fanno così -. Piero si voltò ringhiando: – Se non ti va bene, sai cosa devi fare. Io non ho tempo da perdere -. Sara lo guardò un istante con gli occhi gelidi ed ebbe come un sussulto. – Hai ragione – gli disse – so cosa devo fare -. Poi, senza aggiungere altro, rigirò e tornò indietro. – Povera scema… – sibilò lui sferzante. Ma mentre la guardava andare via fu colpito da quanto fosse sensuale e intrigante con quel vestito blu notte che lasciava intravedere le sue curve. E allora si accese in lui l’istinto di possesso del maschio che non poteva permetterle di andarsene così, solo perché l’aveva deciso lei. – Guarda che se te ne vai non mi rivedi più – le gridò dietro. Sara non rispose, filava decisa verso la sua macchina.  – Ora ti faccio vedere io…ma chi ti credi ben di essere – disse Piero infuriato e le corse dietro. La raggiunse che stava per aprire la portiera. – Stammi a sentire – le gridò in faccia afferrandola per un braccio – Ti pare il modo questo di mollare lì una persona? -. Poi, cambiando improvvisamente atteggiamento, l’abbracciò cercando di baciarla. Sara si divincolò e, senza dire una parola, aprì la portiera. Piero era sconvolto, era la prima volta che non riusciva a rabbonirla. Allora salì anche lui in macchina. – Non ti pare di esagerare – le disse con la voce incrinata – Lo sai che ti voglio bene -. Il magone aveva cominciato a gonfiargli le guance. Sara continuava a tacere guardando fissa lontano. – Ti prego, dimmi qualcosa, così mi fai star male -. Ormai aveva la voce spezzata dal pianto.  – Io non ci posso stare senza di te -. Sara lo guardò e in quel preciso istante ebbe la certezza che stavolta era davvero finita .            

Gianni Repetto, “La fine di un amore” –  Racconto inedito

(1) Angela  –  L. Tenco

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