
“Del mondo che non c’è più”
Una storia contadina
Atto unico di Gianni Repetto
Produzione: Il Contafóre Teatro
Monologo
Interprete: Gianni Repetto
Musiche: Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)
C’è chi guarda la televisione tutto il giorno, chi fa viaggi periodici organizzati, chi passa le sue giornate nei supermercati, chi si rifugia negli hobby, chi segue i nipoti come reliquie, chi si siede nel viale o nella piazza facendo il contropelo a questo o a quello, chi continua a lavorare forse per dimenticare… Ma c’è anche chi non riesce a mandare giù che un mondo, una cultura sanguigna e effervescente come quella di un paese sparisca così, per sempre, magari ancora prima che sparisca lui. E allora rimugina su come è potuto accadere, su quali sono gli sbagli che abbiamo fatto oppure se tutto ciò era un destino ineluttabile indipendente da noi, e si sforza di capire, e continua a lottare per tornare indietro nonostante veda tutto scivolare via travolto da una piena, e continua a soffrire. Ma soprattutto si sente solo, in un mondo che non è più il suo.
“Stranamore per Cristo”
Atto unico di Gianni Repetto
Produzione: Il Contafóre Teatro
Monologo
Interprete: Gianni Repetto
Musiche: Paolo Murchio (chitarra) – Giuseppe Repetto (clarino) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)
Rilettura mistico laica di alcuni episodi del Vangelo di Matteo.
Tra un capitolo e l’altro e, talora, anche durante il racconto i musicisti eseguiranno, come in costante dialogo con il narrante, brani classici e moderni legati alla vicenda e ai temi della tradizione evangelica.
“Sulle orme dell’uomo che piantava gli alberi”
Atto unico di Gianni Repetto
Produzione: Il Contafóre Teatro
Interpreti: Silvana Vigevani – Roberto Pochettini – Gianni Repetto
Musiche: Paolo Murchio (chitarra) – Giuseppe Repetto (clarino) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)
Una rilettura teatrale dell’opera omonima di Jean Giono, integrata con storie di bosco della montagna di Marcarolo e brani di altri autori che, come lo scrittore francese, hanno celebrato la natura come unica nostra speranza di sopravvivenza.
“Siamo i ribelli”
Un percorso di canzoni per non dimenticare
Canzoni di Resistenza alla dittatura e all’oppressione suonate e cantate dal gruppo Dentro i territori (noi ci siamo tutto l’anno)
(Paolo Murchio, chitarra; Giuseppe Repetto, clarino; Niccolò Tambussa, fisarmonica e canto; Gianni Repetto, introduzione storica alle canzoni e canto)
Il racconto della Resistenza parte da lontano, dal primo dopoguerra, quando si consuma la sconfitta del movimento socialista e si afferma il fascismo, e giunge fino all’epopea partigiana del 1943-1945
Prima di ogni esecuzione, le canzoni verranno brevemente introdotte e inquadrate nell’epoca di riferimento
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“Del mondo che non c’è più”
Una storia contadina
Atto unico di Gianni Repetto
Produzione: Il Contafóre Teatro
Monologo
Interprete: Gianni Repetto
Musiche: Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)
Il contadino è indissolubile dalla sua terra ed è se stesso tra i muri della sua casa, stalla o cantina che sia. È lì che deve vendere i suoi prodotti, confortato dalla realtà che lo circonda, che non è fatta di parole, ma di cose concrete, frutto del suo lavoro quotidiano. È l’azienda che conferma il suo valore e fa capire a chi lo contatta la bontà del suo prodotto. A costui non interessano le etichette ideate dal designer o la linea di bottiglie esclusive, va sulla fiducia. E la fiducia nasce dalla comprensione del lavoro e dell’uomo che si trova davanti.
C’è stato un lungo periodo in cui quest’uomo, questo contadino sopravvissuto al delirio della civiltà industriale, è stato considerato un paria, un reietto, un uomo non degno di farsi una famiglia. Le donne non lo volevano, era troppo grossolano e poi non offriva altro che una vita di solo lavoro. In uno dei nostri paesi si ricorse addirittura a una celebre trasmissione televisiva per lanciare un appello a favore dei molti contadini scapoli che nessuna donna del territorio voleva sposare. E avevano ragione, sposare un contadino era roba da matti. È roba da matti. Perché ancora oggi, quando una coppia, magari con dei figli, fa la scelta di lavorare la terra, la gente scuote la testa in segno di disapprovazione.
Eppure, se in quella famiglia c’è la percezione del rapporto ancestrale con la terra, se quell’uomo e quella donna non possono stare senza vedersi tra i filari e sentire le stagioni sulla pelle e sfiorarsi ogni tanto mentre lavorano insieme, allora avviene il miracolo: la famiglia è ancora famiglia, e marito e moglie o compagno e compagna diventano davvero indispensabili l’uno per l’altro al di là dell’effimero dell’attrazione carnale; i figli si sentono di nuovo figli, il frutto di un’unione sacrale non per comandamento, ma per natura. Ecco allora che il legame si sostanzia con la terra e nessuno ha più tempo per l’inganno, per l’insoddisfazione che viene dalla noia, da una vita fatta di apparenze. Lontano dal mondo della parola abusata, gridata, scagliata, qui bastano poche occhiate, cenni, monosillabi, perché gesti e pratiche parlano da soli. È un ritorno alla radice primitiva della vita sociale, ai patti siglati con una stretta di mano che nessun ripensamento potrà mai vanificare. È il mondo della certezza, dell’unicità del senso, che riprende vigore contro le spire della menzogna. È il desiderio pienamente realizzato, inverato giorno dopo giorno dalle cose che si fanno.
Non lo so se sarà ancora possibile rifondare una società contadina nel vero senso della parola, cioè un mondo che ritrovi nella terra il suo centro di gravità, oppure se l’agricoltura resterà il destino di pochi tenaci precari che non vogliono arrendersi all’evidenza. Non so nemmeno, anche se lo temo, se certe politiche scellerate finiranno per scoraggiare anche quei pochi tenaci e rendere le nostre campagne oggetto delle speculazioni più disparate (penso ai “campi” di pannelli fotovoltaici) che niente hanno a che fare con l’agricoltura. Di una cosa però sono certo: senza un’adesione totale alla terra, senza un amore che te la faccia guardare incantato e girare proda per proda come per palparla, senza conoscere zolla per zolla il proprio podere e avere un nome per ogni suo anfratto ( nella mia vigna c’erano i valèttu, a piann-a, suvra a sc-trò, sutta a sc-trò, dai buji, dai pussu, ’ntéi briccu, dai casc-tagné, dai cascinóttu, da a ciréxa, ’ntéi quòddru) non è possibile fare il contadino né sperare che la campagna ritorni a essere campagna e non una miniera a cielo aperto di un qualsiasi materiale. E allora mi ritornano alla mente le parole di mio padre quando, dopo l’alluvione del ’77 che aveva fatto franare i valèttu (nello squarcio “buttava” una “vivagna” che aveva un “ruggio” grosso come una bottiglia), guardando la vigna appena risistemata (c’avevamo lavorato due mesi a sotterrare pugòsse per riempire il vuoto), ancora stravolto dalla fatica, disse: “Che bel scîtu!”, proprio così, con la “i” lunga, infinita, come se pronunciasse un verso d’amore. E mentre lo diceva deglutiva, e piangeva, e anch’io piangevo, ma non ci siamo detti nulla, perché così fanno i contadini, piangono in silenzio sia le loro disgrazie che le loro fortune.
Dati tecnici
Durata: 1h circa
Service audio e video: proprio
SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette
Costo: 600 euro
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“Stranamore per Cristo”
Atto unico di Gianni Repetto
Produzione: Il Contafóre Teatro
Monologo
Interprete: Gianni Repetto
Musiche: Paolo Murchio (chitarra) – Giuseppe Repetto (clarino) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)
Si tratta di una rilettura mistico laica di alcuni episodi del Vangelo di Matteo, riproposti in chiave interpretativa del presente. Il racconto si dipana partendo dal tema della tentazione e della resistenza di Cristo uomo alle lusinghe del demonio, per poi narrare man mano delle nozze di Cana e del ruolo di Maria, donna e madre, del discorso della montagna e dei primi che saranno gli ultimi, del fatto che Dio e la ricchezza non vanno d’accordo e non si possono amare contemporaneamente, del perdono come atto d’amore tra gli uomini che va praticato al di là di ogni risentimento, della scelta del bene comune anziché di quello personale, dell’attualità epocale del “dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati”, dell’ultima cena su cui aleggia inesorabile quel “Uno di voi mi tradirà”, della preghiera umanamente dolorosa e disperata nell’orto dei Getsemani, dell’arresto e del giudizio del Sinedrio nel cortile di Caifa, della sentenza piena di ripensamenti e contraddizioni da parte di Pilato e dell’atto conclusivo della crocefissione sul Calvario con il diverso commiato dal Padre e dalla madre.
Tutta questa narrazione, scandita in capitoli, viene visivamente riproposta dal monologante con la reiterazione periodica delle parole “Ti vedo, oh Gesù mio” che lo avvicinano sempre di più ai fatti fino alla immedesimazione finale. Tra un capitolo e l’altro e, talora, anche durante il racconto i musicisti eseguiranno, come in costante dialogo con il narrante, brani classici e moderni legati alla vicenda e ai temi della tradizione evangelica, dal “Kyrie eleison Criste eleison” a “Knockin’s on heaven’s door” di Bob Dylan, dall’ “Ave Maria” di Schubert a quella di Fabrizio De André, da “Eppur soffia” di Pierangelo Bertoli a “Donna donna” di Donovan, da “Si chiamava Gesù” di Fabrizio De André a “This Jesus must die” (Jesus Christ Superstar), da “Allelujah” di Leonard Cohen a “Via della croce” di Fabrizio De André, da “Mio fratello che guardi il mondo” di Ivano Fossati ad “I don’t know how to love him”, la canzone di Maria Maddalena (Jesus Christ Superstar), e ad “Ave verum corpus” di Mozart.
Dati tecnici
Durata: 1h e 15 minuti circa
Service audio e video: proprio
SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche soggette
Costo: 600 euro
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“Sulle orme dell’uomo che piantava gli alberi”
Atto unico di Gianni Repetto
Produzione: Il Contafóre Teatro
Interpreti: Silvana Vigevani – Roberto Pochettini – Gianni Repetto
Musiche: Paolo Murchio (chitarra) – Giuseppe Repetto (clarino) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)
Si tratta di una rilettura teatrale dell’opera omonima di Jean Giono, integrata con storie di bosco della montagna di Marcarolo e brani di altri autori che, come lo scrittore francese, hanno celebrato la natura come unica nostra speranza di sopravvivenza. Si spazia da Ovidio a D.H.Lawrence, da Cechov a Brecht, da Prevert a Bradbury, il tutto scandito da “pezzi” musicali classici e moderni ispirati alla natura nei suoi vari aspetti. Una riflessione a tutto campo sul rapporto degli uomini con gli alberi, sulle diversità di approccio che si sono susseguite nelle varie epoche fino allo “smarrimento” della contemporaneità nella quale pare che l’uomo abbia spezzato il filo millenario che lo legava al bosco e alla sua sacralità. E allora ecco tagli indiscriminati e privi di competenza, spesso portati avanti con un furore degno di miglior causa, come quella dell’uomo di Giono, che in poco più di mezzo secolo, anziché tagliarne, ne ha piantato centinaia di migliaia di alberi. Un monito per chiunque veda nelle piante un semplice oggetto di consumo nel solco del fatidico cupio dissolvi che ormai da troppo tempo agita gli uomini cosiddetti civilizzati.
Dati tecnici
Durata: 1h e 10 minuti circa
Service audio e video: proprio
SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; alcune musiche soggette
Costo: 600 euro
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“Siamo i ribelli”
Un percorso di canzoni per non dimenticare
Canzoni di Resistenza alla dittatura e all’oppressione suonate e cantate dal gruppo Dentro i territori (noi ci siamo tutto l’anno)
(Paolo Murchio, chitarra; Giuseppe Repetto, clarino; Niccolò Tambussa, fisarmonica e canto; Gianni Repetto, introduzione storica alle canzoni e canto)
- Il Piave
- Il disertore
- Oh, Gorizia
- Se otto ore
- Fra il ’19, fra l’anno ’20
- Barricate (Parma, 1922)
- Tango delle capinere
- Canta di Matteotti
- Quinto Regimiento
- Violino tzigano
- Suona Rosamunda
- Pippo non lo sa
- Oh, Badoglio, Pietro Badoglio
- Siamo i ribelli
- Fischia il vento
- Quei briganti neri
- Bella Ciao
Prima di ogni esecuzione, le canzoni verranno brevemente introdotte e inquadrate nell’epoca di riferimento.