Su La Stampa di giovedì 17 ottobre Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte Costituzionale ed eminente giurista, in un articolo di critica al Modello Albania di gestione dei migranti da parte del governo italiano intitolato Operazione vergogna, quei centri sono non luoghi ha scritto testualmente: “ Nel mondo globalizzato in cui siamo il destino di qualcuno è anche il destino degli altri, non ci si salva da soli, a meno che si sia disposti a operare con politiche di violenza”. Parole che riecheggiano quelle che scrisse Papa Francesco nel messaggio per la quaresima del 2022: “Nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia”. Due pareri autorevoli, uno laico e l’altro religioso, entrambi consapevoli dell’interconnessione necessaria tra i popoli se vogliamo salvare la pace e la Terra.
Purtroppo non sembra che coloro che reggono a vario titolo le sorti del mondo la pensino nello stesso modo, anzi, pare che facciano esattamente il contrario, che perseguano cioè la malsana illusione di poter prevalere gli uni sugli altri. E non bastano i disastrosi mutamenti climatici che minacciano la vita di uomini, animali e ambienti alle diverse latitudini o le guerre endemiche, ormai senza fine, che sterminano migliaia di persone e riducono in macerie città e paesi a convincerli a recedere dai loro propositi: c’è una sorta di smania autodistruttiva che, come una malattia incurabile, condiziona l’agire dei governanti del mondo, sempre meno saggi e competenti e smaniosi di auto affermarsi a qualsiasi costo, magari facendo la fine di Sansone con tutti i filistei. Ed è per questa follia collettiva che finiremo tutti quanti in guerra.
Ci finiremo perché russi ed ucraini continueranno a combattersi nonostante i loro popoli non ne vogliano più sapere della guerra, anche a costo di distruggersi reciprocamente e di arrivare all’olocausto nucleare. E coloro che potrebbero farla finire questa guerra, i paesi dell’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America, sembra invece che non lo vogliano e che, anziché imporsi politicamente, continuino a mandare armi che non fanno altro che alimentare il conflitto.
Ci finiremo perché le industrie delle armi sono quelle che vantano il maggior reddito al mondo e la legge del mercato ne giustifica l’esistenza come voce principale del bilancio degli stati.
Ci finiremo perché le macerie di intere città e villaggi saranno poi motivo di ricostruzione e la ricostruzione postbellica stimola l’appetito dei tanti pescecani che prosperano nelle disgrazie.
Ci finiremo perché il conflitto israelo-palestinese, che poteva essere risolto con gli accordi di Oslo del 1993, dopo l’assassinio di Rabin nel 1995 si è radicalizzato sempre più fino ai giorni nostri e sta scavando un solco forse incolmabile tra i due popoli e uno stato di guerra permanente con migliaia di vittime innocenti.
Ci finiremo perché il mondo è spaccato in due tra il mondo occidentale, sempre più in crisi economica e civile, e i paesi una volta definiti emergenti che oggi sono caratterizzati da una forte crescita del prodotto interno lordo e, raggruppati nel cosiddetto Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), negli anni a venire domineranno l’economia globale. E il mondo occidentale non accetterà che questo avvenga e cercherà di arrestare questa egemonia con la scelta disperata della guerra.
Ci finiremo perché le politiche e le economie liberiste trionfanti in questo inizio di millennio hanno reso gli uomini sempre più individualisti ed egoisti, insofferenti dei legami sociali e delle regole di convivenza democratica, a tal punto che i difensori della legge e del diritto vengono tacciati come sovversivi e perseguiti per i loro reati (paradosso) legalitari.
Ci finiremo perché il mito dell’eroe negativo, sia nella versione del superuomo nicciano che del malvagio tout court fascinoso, ha spopolato nel cinema e nel web ed è diventato modello ossessivo di comportamento per buona parte della gioventù contemporanea.
Ci finiremo perché l’odio nei confronti del diverso, sia esso un migrante o un disabile, si tradurrà sempre più in moderni pogrom giustificati dalla coscienza collettiva dei benpensanti.
Ci finiremo perché sempre meno gente avrà l’umiltà di ammettere di aver sbagliato e di chiedere scusa per averlo fatto, considerando ciò una debolezza, una “mancanza di palle”, maschio o femmina che sia.
Ci finiremo perché il liberalismo, spinto all’eccesso, finirà per distruggere tutte le aggregazioni umane, dalla famiglia – la cui distruzione è già a buon punto – agli Stati.
Ci finiremo perché nuovi “uomini del destino” appariranno all’orizzonte e incanteranno i gonzi con le loro idiozie. E i gonzi sono sempre tanti e sempre più facili da incantare.
Ci finiremo perché gli uomini cercano sempre più, secondo il detto nicciano “Divieni ciò che sei”, di essere se stessi nella loro versione primitiva – prima della civilizzazione e della poca o tanta crescita culturale – quella brutale e assassina dell’homo hominis lupus.
Ci finiremo perché, anziché fare l’amore e non la guerra, gli uomini fanno l’amore come se fosse una guerra e amano sporcarsi le mani di sangue.
Ci finiremo perché c’è ancora in giro tanta gente che, come sosteneva Marinetti, ritiene che la guerra sia la “sola igiene del mondo” e non vede l’ora che finisca l’era della democrazia e del diritto alla vita per tutti.
La guerra è un grande affare, che soddisfa gli appetiti di speculatori, dittatori, razzisti, violenti, criminali, intolleranti, invidiosi, ignoranti, egoisti, astiosi e rancorosi, cioè la maggior parte del genere umano. Riuscirà la minoranza che si riconosce ancora nel diritto individuale e collettivo dei popoli di godere di libertà e di giustizia a impedire che si precipiti nel baratro di un’ultima grande guerra planetaria?
Dopo Hiroshima e Nagasaki, nell’agosto 1945, Einstein affranto disse: “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre. In ogni caso, se lo avessi saputo, avrei fatto l’orologiaio”.