Proposta lavori teatrali per il 25 aprile e dintorni

“Dentro i territori” Teatro propone sulla Resistenza i seguenti lavori teatrali

Siamo i ribelli

La Resistenza viene da lontano

Atto unico di Gianni Repetto

Monologo

Interprete: Gianni Repetto

Musiche: Paolo Murchio (chitarra e canto) – Giuseppe Repetto (clarinetto) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)

Effetti sonori e rumori di scena: Tomaso Marchelli

Il racconto della Resistenza parte da lontano, dal primo dopoguerra, quando si consuma la sconfitta del movimento socialista e, con la connivenza delle classi dirigenti tradizionali e della monarchia, si afferma il fascismo. Qualcuno prova a resistere con le armi, come gli Arditi del popolo a Parma nell’agosto del 1922, ma è uno dei pochi casi isolati. L’ottobre dello stesso anno c’è la marcia su Roma, Mussolini viene nominato capo del governo e, dopo le elezioni del 1924, inizia la dittatura del cosiddetto ventennio fascista che porterà alla catastrofe della seconda guerra mondiale. Delitti e violenze lo caratterizzano, basti ricordare Matteotti, Gobetti, Amendola e i fratelli Rosselli. Nasce una Resistenza clandestina, che ha il suo punto di riferimento negli esuli politici riparati in Francia. Condanne al carcere e al confino la falcidiano in continuazione. Normalizzato in questo modo il paese, il regime, con i proclami roboanti del duce, inizia una politica di potenza che ha bisogno di guerre e di vittorie per ubriacare gli italiani con la retorica dell’Impero e far loro dimenticare la libertà perduta: corre in aiuto a Franco in Spagna, contribuendo alla sopraffazione della legittima Repubblica Spagnola, aggredisce e conquista l’Etiopia, utilizzando armi di sterminio di massa. Ma intanto cresce l’intolleranza anche nella politica interna e raggiunge il suo culmine con le leggi razziali del ’38, che sono il definitivo abbraccio mortale con Hitler e il nazismo. La guerra, con i suoi ripetuti insuccessi e le centinaia di migliaia di caduti, mette in crisi l’immagine da “uomo del destino” di Mussolini che viene sfiduciato dal suo stesso Gran Consiglio. Cade il fascismo, la monarchia affida il governo a Badoglio. L’8 settembre del 1943 il re e il capo del governo, dopo essere fuggiti a Brindisi, comunicano via radio agli Italiani di aver firmato un armistizio con gli alleati. L’esercito è allo sbando, i tedeschi occupano i centri nevralgici del nostro paese e consentono l’insediamento al Nord di un governo fascista guidato da Mussolini, la Repubblica Sociale Italiana. Le prime bande di partigiani salgono in montagna: saranno venti mesi di guerriglia e di rappresaglie feroci (ad esempio, la Benedicta), in attesa che le truppe alleate risalgano la penisola. Finalmente, nell’aprile 1945 inizia l’insurrezione finale. Tra il 25 e il 30 aprile i partigiani conquistano i centri più importanti del Nord, mentre tedeschi e fascisti si arrendono o fuggono oltre confine. È la Liberazione, da cui nascerà nel 1946 la repubblica democratica italiana.

Il percorso alternerà momenti di monologo, di canzoni d’epoca e di lotta e di dialogo tra l’attore protagonista e i musicisti. Sullo sfondo verranno proiettate immagini relative ai fatti narrati.

Durata: 1h e 20 minuti circa.

Service fonica: proprio

SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette

 

Sia Benedicta!

 

Atto unico di Gianni Repetto

Interpreti: Silvana Vigevani, Roberto Pochettini, Gianni Repetto

Musiche: Paolo Murchio (chitarra e canto) – Giuseppe Repetto (clarinetto) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)

Video ed effetti sonori: Tomaso Marchelli

 

Si tratta di un testo che rievoca i fatti della Benedicta attraverso la Memoria di due partigiani, Mario, Brontolo, autonomo, e Mansueto, Cameia, garibaldino. Essi esprimono punti di vista diversi sulla dinamica dell’evento, sulle incomprensioni che ci furono allora tra le due componenti del movimento partigiano sul nostro Appennino. E man mano che si susseguono i loro ricordi si snoda il racconto della vicenda sia da parte dei giovani renitenti che affluirono numerosi nella zona di Marcarolo dopo i bandi Graziani sia da parte dei tedeschi e dei repubblichini che parteciparono al rastrellamento della Pasqua del 1944. Il tragico epilogo, con la fucilazione di 98 giovani partigiani, viene riproposto con grande drammaticità e culmina con il lamento straziante della madre di due di quei ragazzi che si chiede il perché di quella violenza che le ha tolto per sempre i suoi figli.

Il testo fa rivivere agli spettatori le angosciose emozioni di quei tragici giorni e lo fa con dialoghi e monologhi e con canzoni e melodie musicali che ci restituiscono l’atmosfera di quegli anni. Sullo sfondo scorrono immagini che rievocano i giorni dell’armistizio dell’8 settembre ed episodi della lotta partigiana. Il tutto con il preciso intento di far ricordare a tutti noi la barbarie che fu l’occupazione nazifascista, le responsabilità di chi la favorì e il sacrificio di chi vi si oppose perdendoci anche la vita. Per la democrazia, per poter ancora essere liberi.

Durata: 1h e 15 minuti

Service fonica: proprio

SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette

 

Il partigiano Johnny

Atto unico di Gianni Repetto

Monologo

Interprete: Gianni Repetto

Musiche: Paolo Murchio (chitarra e canto) – Giuseppe Repetto (clarinetto) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)

Effetti sonori e rumori di scena: Tomaso Marchelli

Il racconto di Beppe Fenoglio riproposto nelle sue diverse sfaccettature, da quelle di battaglia a quelle più intime e sentimentali, con grande spazio dato al suo amore per la cultura della vecchia Inghilterra sia sul piano letterario (il suo adorato Milton) che di costume (the british lifestyle), con particolare riferimento all’esperienza puritana di Oliver Cromwell e delle sue “roundheads”. E sullo sfondo le colline delle Langhe, in particolare l’alta Langa, a cui Fenoglio era affezionato per radice e per fascino paesaggistico.

Quello di Fenoglio è stato un modo insuperabile di raccontare la Resistenza, perché nella sua narrazione c’è tutta l’epicità dell’evento, ma anche l’umana debolezza e spesso anche la paura di fronte a qualcosa che sembra più grande, troppo più grande di quel gesto di ribellione che molti come lui fecero in quegli anni prendendo le armi contro il nazifascismo. E così anche il ricordo dei caduti, Tito, il Biondo, Kyra, Michele, rammentati nel crudo realismo della morte, ma anche innalzati, proprio per la loro fragilità, senza alcuna retorica nell’Olimpo umano degli eroi, coloro che lo sono senza aver voluto esserlo.

Il racconto s’intreccia con canti popolari delle Langhe, canzoni partigiane e una canzone americana,  “Over the rainbow”, un pezzo famoso degli anni Trenta, che diventa il motivo conduttore di tutta la narrazione, perché rappresenta il sogno e il dubbio d’amore che anche nei momenti più difficili della nostra vita riescono a farci gioire o disperare.

Durata: 1h e 10 minuti circa

Impianto fonico: proprio

SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette

 

La Battaglia di Pertuso

Interpreti: Silvana Vigevani, Roberto Pochettini, Gianni Repetto

Musiche: Paolo Murchio (chitarra e canto) – Giuseppe Repetto (clarinetto) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)

Effetti sonori e rumori di scena: Tomaso Marchelli

Il lavoro teatrale racconta la cosiddetta “battaglia di Pertuso”, in Val Borbera, a partire dalla mattina del 22 agosto 1944 fino a poco dopo mezzogiorno del 29 agosto, quando a Cerreto di Zerba quattro partigiani feriti – Virginio Arzani, Kikirikì, Andrea Busi, Silurino, Sansin Nieczislavaws, Cencio, e Angelo Aliotta, Diego – furono barbaramente trucidati dai fascisti repubblichini.

A raccontare è Tecla Lombardo, Olga, partigiana della Pinan-Cichero, Brigata Arzani, che prese parte alla battaglia e fu testimone dell’eccidio di Cerreto di Zerba. Olga rievoca i momenti cruciali dello scontro, l’accanita difesa partigiana che riesce a fermare fascisti e tedeschi dal 22 al 25 agosto. E anche come i partigiani riescano ad evitare rappresaglie nei confronti della popolazione per il loro comportamento rispettoso dei prigionieri e dei feriti nemici che vengono curati come quelli partigiani nell’ospedale di Rocchetta.

Ma Olga non racconta soltanto dei partigiani, ma anche di come la popolazione locale partecipi alla battaglia, gli uomini con le armi che hanno a disposizione, per lo più fucili da caccia, e le donne preparando le provviste per tutti e coadiuvando i dottori nell’ospedale di Rocchetta e nelle scuole di Cabella. E questo perché i partigiani dimostrano di avere costantemente a cuore la loro sorte ed evitano di fare azioni che potrebbero compromettere il destino della comunità locale.

Ciò che emerge da questo lavoro è come la Resistenza sia stata davvero una lotta di popolo in quanto da esso supportata sia combattendo sia rischiando la fucilazione o la deportazione e la perdita dei propri beni, case bruciate e sequestro di derrate alimentari e di bestiame, per nascondere e nutrire i partigiani. Ma non solo, partecipando anche ai nuovi consigli comunali della zona libera, esempio della democrazia per cui tutti quanti stavano lottando.

Rievocare quell’unità di intenti che accomunò allora partigiani, paesi e genti della Val Borbera è una chiara indicazione per il presente della nostra Repubblica democratica e della sua Costituzione, nata dalla Resistenza e dai suoi ideali di libertà.

Durata: 1h e 20 minuti circa

Impianto fonico: proprio

SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette

 

Camicia rossa, camicia nera.

Atto unico di Gianni Repetto

Interpreti: Silvana Vigevani, Roberto Pochettini, Gianni Repetto

Musiche: Paolo Murchio (chitarra e canto) – Giuseppe Repetto (clarinetto) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)

Effetti sonori e rumori di scena: Tomaso Marchelli

Lettura scenica comparata dei percorsi di vita di un partigiano garibaldino e di un soldato repubblichino che incrociano le loro vite alla Benedicta, luogo di eccidio di partigiani, nei pressi delle Capanne di Marcarolo. Accompagnate da fisarmonica, chitarra e clarinetto, che alternano canzoni partigiane ad altre di tradizione fascista, si dipanano a partire dall’8 settembre del ’43 due scelte di vita che hanno esiti assolutamente contrapposti: una marcia nel senso della Storia, l’altra va sprezzantemente contro la Storia. L’esito è scontato, con dei risvolti di contenuto che contengono tante domande purtroppo ancora irrisolte nel presente.

Durata: 1h e 10 minuti circa.

Service fonica: proprio

SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette

 

La Benedicta

Sinfonia di un sacrificio

Atto unico di Gianni Repetto

Interpreti: Silvana Vigevani, Roberto Pochettini, Gianni Repetto

Musiche: Paolo Murchio (chitarra e canto) – Giuseppe Repetto (clarinetto) – Niccolò Tambussa (fisarmonica e canto)

Video ed effetti sonori: Tomaso Marchelli

Il lavoro teatrale si sviluppa in cinque episodi, frutto di Memoria storica, raccontati in parallelo e ambientati a Capanne di Marcarolo, che scandiscono le vicissitudini e le angosce di partigiani, renitenti, reduci, donne e uomini del luogo nell’approssimarsi sempre più incalzante del rastrellamento nazifascista della settimana santa del 1944. Fu quello uno dei più feroci rastrellamenti nazifascisti sul nostro Appennino: 98 giovani, catturati alla Benedicta e nelle immediate vicinanze, vennero fucilati a gruppi di cinque da un plotone di esecuzione composto di bersaglieri italiani della Repubblica di Salò; nella notte tra il 7 e l’8 aprile trenta partigiani garibaldini vennero catturati sul monte delle Figne e tradotti a Voltaggio per essere giudicati da un tribunale di guerra; altri quattordici furono trucidati a Passo Mezzano e sette a Isoverde; l’8 aprile ne vennero fucilati tredici a Villa Bagnara a Masone e otto a Voltaggio, tra cui Emilio Casalini, comandante del V distaccamento garibaldino di stanza alla Cascina Grilla, sulla Colma (è l’autore del testo della canzone partigiana “Siamo i ribelli”, scritta e musicata proprio alla Grilla); infine, l’11 aprile, ancora a Voltaggio, vennero giustiziati otto appartenenti alla Brigata “Alessandria”.

Ma oltre ai trucidati, cui si aggiunsero successivamente, un mese dopo l’eccidio, il 19 maggio del 1944, diciassette partigiani fucilati insieme ad altri quarantadue prigionieri politici al passo del Turchino, ci fu un numero considerevole di deportati (207 secondo Manganelli-Mantelli) nel campo di concentramento di Mauthausen, di cui soltanto circa una trentina fecero ritorno alle loro case.

Cinque storie, dunque, diverse che s’intrecciano al culmine della tragedia che si consumò in quei giorni di Pasqua a Marcarolo e in particolare alla Benedicta.

Narreremo la storia di Petr, prigioniero russo fuggito dal campo di lavoro di Ronco e rifugiatosi alla cascina Nespolo; le vicissitudini della Brigata Autonoma del Roverno che salì alla Benedicta per unirsi con i partigiani della Brigata Liguria, ma che non trovò nessuno e cercò allora di sfondare l’accerchiamento a gruppi sparsi, uno dei quali si rifugiò nella cosiddetta “Tana del lupo” e fu scoperto perché un cane che un partigiano aveva portato con sé abbaiò; la storia di Giovanni della cascina Purasa, reduce dalla Russia, in convalescenza per malattia, che temendo di essere comunque rastrellato cercò di raggiungere la Costa Lavezzara, ma venne intercettato dal fuoco tedesco e andò a morire dissanguato su quel crinale; la storia del distaccamento partigiano della Grilla, di come nacque proprio lì la canzone “Siamo i ribelli”, testo di “Cini” (Emilio Casalini) e musica di “Lanfranco” (Luciano Rossi), e di come “Cini” fu catturato durante il rastrellamento e fucilato poi a Voltaggio; e infine la storia di Césc-cu, un reduce della cascina Gorzente renitente al bando di Graziani, che scelse, con l’aiuto della famiglia, la via dell’occultamento individuale in una buca anziché la condivisione della lotta partigiana.

Mescolate alle storie suoneremo e canteremo tutte le canzoni partigiane più famose a partire da “Siamo i ribelli della montagna” fino alla chiusura con “Bella Ciao”.

Durata: 1h e 10 minuti

Service fonica: proprio

SIAE: testo teatrale non soggetto in quanto autoprodotto e mallevato dall’autore; musiche popolari non soggette

 

 

 

 

 

 

 

 

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