La nota verbale inviata il 17 giugno 2021 dalla segreteria di Stato del Vaticano all’ambasciata italiana presso la Santa Sede relativa al disegno di legge 2005, cosiddetto DDL Zan, recita testualmente: “alcuni contenuti dell’iniziativa legislativa – particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi ‘fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere’ – avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario. Ci sono espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi, che considerano la differenza sessuale secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina”.
In pratica in questa nota – benché si utilizzi il canale diplomatico tra Stati sovrani – a manifestare la sua preoccupazione è la Chiesa Cattolica in quanto confessione religiosa e lo fa sulla base della Rivelazione divina da lei professata, che non è qualcosa che riguarda tutti i cittadini italiani, ma soltanto coloro che ci credono. Manifestazione legittima, dunque, che riguarda tutte le confessioni religiose, oggi più che mai in seria difficoltà di fronte alla proliferazione dei diritti civili della persona non contemplati nelle loro Rivelazioni.

Ma il fatto che la Chiesa abbia scelto il rapporto tra Stati sovrani per esprimere la sua opinione rende la vicenda ben più complicata e la nota ci sembra non solo inopportuna, ma ai limiti dell’ingerenza negli affari interni di un altro Stato. E allora ci nascono spontanee alcune domande: ma perché la Chiesa ha presentato questa nota come Stato preoccupandosi della “parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie” e richiamandosi alle “libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”? Forse perché teme di essere giudicata per le tante discriminazioni compiute in passato? O addirittura di subire censure nell’insegnamento della sua dottrina?
No, la Chiesa/Stato Vaticano teme semplicemente di perdere un privilegio – questo sì discriminatorio – che il Concordato le assicura anche nella revisione del 1984, e cioè di essere la religione, se non più ufficiale dello stato, della Scuola italiana. Se il DDL Zan diventa legge (Art. 1, punto b: per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;), come faranno gli insegnanti di Religione a sostenere in una scuola della Repubblica Italiana – o anche nelle scuole paritarie gestite da religiosi – che i generi sono due come i sessi perché così dice la Rivelazione? Il loro sarebbe un comportamento discriminatorio nei confronti di coloro che il nostro Stato laico, democratico e sovrano tutela con un’apposita legge.
Ma sta proprio qui la radice del problema, altrimenti sarebbe soltanto, lo ripetiamo, una questione legittima di dottrina: la Chiesa Cattolica non dovrebbe godere del privilegio di essere insegnata nelle scuole così come prevede il comma 2 dell’articolo 9 del Concordato del 1984: “ La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”.
Vediamo insieme cosa significa sul campo ciò che si dice in questo comma. Innanzitutto si fa una scelta aprioristica – “assicurare… l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado” – confessionale, ben diversa da ciò che sancisce il primo comma dell’articolo 7 della nostra Costituzione: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Ma che la scelta contraddica l’affermazione di questo comma lo conferma il fatto che gli insegnanti di Religione (così viene definita la disciplina nei programmi scolastici, come se non indicare “cattolica” cambiasse la sostanza; e non mi si venga a dire che durante l’ora di Religione si fa storia delle religioni, perché le questioni esistenziali vengono comunque affrontate secondo la dottrina cattolica ) dipendono dal Ministero della Pubblica Istruzione italiano in quanto a remunerazione, ma sono scelti dall’autorità religiosa vescovile locale sulla base di una graduatoria da essa stessa stilata per la quale vigono criteri di scelta soggettivi che possono premiare anche l’ultimo in graduatoria (secondo il versetto evangelico “… così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”?). Che pensano di tutto ciò le migliaia di insegnanti che hanno fatto anni di trafila nelle graduatorie formulate con criteri oggettivi e hanno dovuto conquistarsi un posto dopo anni di supplenze in un pubblico concorso?

Ma la parte del comma che consideriamo addirittura farsesca è quella relativa alla libertà di scelta di genitori e studenti. Scelta di cosa? Di non assistere all’ora di Religione? E poi? “… senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”. Lo si chieda ai genitori che fanno questa scelta quanto viene rispettato questo diritto e come viene tutelato scolasticamente: in molti casi i loro figli diventano un “pacco” da spostare da una classe all’altra secondo la disponibilità di qualche insegnante a “parcheggiarli” nella propria oppure, nei casi migliori, c’è un progetto alternativo messo in piedi tanto per fronteggiare l’emergenza. Sta di fatto che l’alunno subisce una pesante discriminazione che lo fa inevitabilmente sentire un diverso anche quando, crescendo, gestisce emotivamente meglio la situazione. Ecco perché molti genitori, che non sono d’accordo con l’insegnamento scolastico della Religione, preferiscono scegliere per i propri figli di avvalersi dell’insegnamento: per evitare loro questa condizione di emarginazione.
Ma la Chiesa cattolica che con Papa Francesco è ritornata al dettato del Vangelo ha forse bisogno di tutto questo? Essere formalmente riconosciuta e privilegiata nonostante la costante scristianizzazione della società? Non è forse questo suo essere istituzione, in un momento in cui le varie istituzioni sono al minimo storico del loro gradimento, che l’allontana dalla gente e la rende poco credibile rispetto a quello che dice? La Chiesa non ha dunque nulla da temere dal DDL Zan, anzi è per lei un’occasione: dismetta la sua veste di potere e vada in mezzo agli ultimi – come hanno fatto già in passato alcuni preti coraggiosi, ma spesso isolati – tutti quanti, anche quelli tutelati nel DDL; si presenti disarmata e li ami davvero, anche se la pensano in modo diverso da lei; ami semplicemente il suo nemico, se davvero li considera tali, e si faccia paladina della libertà nella diversità. E contribuirà in questo modo alla crescita civile e morale di questo nostro sgangherato paese.